Bologna, 2 Agosto 1980.
Ore 10:26, Stazione Centrale.
Estate, la corsa ai treni. Il caldo, la leggerezza di questa stagione baciata da giorni di sole, dal suo calore sulla pelle. Leggerezza per giorni programmati in un qualche viaggio e la magia di pensarlo a bordo treno, accanto ad un finestrino.
Ma la stagione lunga dell’estate quel 2 agosto è stata interrotta, il suo filo d’oro è stato strappato con un taglio netto.
Una bomba, hanno detto. Circa un centinaio di morti.
Ma chi ha voglia di contare?
I rintocchi degli orologi e il fischio dei treni azzerati da una esplosione.
In un secondo, l'aria calda si congela. E’ pieno inverno alla stazione di Bologna. Dove abbiamo parcheggiato il sole di prima?
Perché adesso al suo posto a crescere sono solo nuvole di polvere?
Davanti al primo binario la città conserva ancora su quel muro una crepa di quel giorno, di quell'interminabile minuto.
Chi sopravvive rimane proprio così: immobile, di gesso.
Il dolore è una radice di albero che penetra e paralizza.
Ecco perché Lucio Dalla nella sua canzone
'Balla, Balla Ballerino'
fa un vero e proprio invito a ballare...
Una follia sulla pazzia.
Ballare, muoversi in maniera angelica e composta. Essere angelo in terra,
e ballare in faccia al dolore.
Con quale coraggio?
Lucio Dalla ha pubblicato questa canzone nel 1981.
I riferimenti alla strage di quel 2 Agosto dell'anno precedente sono evidenti: nel testo cita un treno, l'angoscia nascosta nel volerlo fermare prima che raggiunga la stazione.
È una canzone contro la violenza e contro la morte.
Un modo per dire che non sa cosa farsene di loro. Anche se sembra difficile dirlo in questo mondo sempre più dilaniato - non ancora.
Il ballo come mossa per controbilanciare mani piene di odio, corpi rigidi e senza musica.
Poi forse come dice lui è, prima di tutto, una canzone d'amore.
Un testo non facile da interpretare...
Un testo che, come Lucio ci ha abituati, è il testo di una poesia, tanto per cambiare.
Ne ho fatto una lettura, questa. Parole che in questi giorni sospesi cercano un filo conduttore, si rincorrono, sperando di non finire strappate.
Non sono una esperta del settore quindi non so cosa ne possa uscire.
Ogni strofa mi fa pensare ad un quadro, un fermo immagine di un qualcosa che inevitabilmente rimanda a qualcosa d'altro.
Ho fatto fatica a non farmi spezzare la voce dall'emozione.
Lucio abitava in centro a Bologna. Amava molto la
sua città, nobile culla dei suoi pensieri gentili. Quella voragine in stazione era arrivata ad aprirsi nel suo cuore. Così nasce una poesia, così nasce il testo di una possibile canzone.
Come ha fatto a scovarci un ballerino che danza tra la polvere, potrebbe spiegarmelo soltanto lui, se fosse ancora tra noi. Anzi, rettifico immediatamente: Lucio c’è, mi sorride tra le righe.
Me lo immagino raccontare quell’incubo in pieno giorno in notti insonni, con gli occhi turbati dall'incertezza, dall'inquietudine, dal senso di impotenza, mentre pone continue domande al cielo bruciando gli occhi sul foglio bianco con la penna in mano...
Lucio, dove sono andate a sbattere le tue parole? Come sono arrivate fino a noi?
E poi questo, e poi la folgorazione: no, morte; no, violenza, forse non hai capito che appena ti sei consumata hai già perso.
Quel buco che avete lasciato sul muro è il vostro stesso vuoto, un buco che vi risucchia.
Voi non potete ballare.
Al massimo potete mettervi in un angolo ad osservare.
Lo facciamo noi, ancora oggi, balliamo con Lucio e con ogni ballerino, in faccia - e forse a braccetto - con il dolore.
Davanti a voi solo un inchino, un saluto, un cenno di mano che sa di dignità.
Cosa scriveresti oggi tu di questo mondo frettoloso e stanco?
Lucio, dove sei? Dove giochi a nascondino per non lasciarti scovare? Dove sei andato a dormire con i tuoi colori?
Torni presto a raccontarci un altro sogno?
"Balla il Mistero
Di questo mondo che brucia in fretta.
Quello che Ieri era vero, dammi retta,
Non sarà vero Domani."
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