Destino d'artista
Siamo ombre
Proiettate sul telo di un fondale
Presenze superflue
Con uno scopo alquanto banale.
Privi di personalità
Innumerevoli maschere
Quotidianamente indossiamo
E una volta smascherati
Nel più totale anonimato
Ci annulliamo.
L'ossigeno unicamente dalla scena
Viene ricavato
Al di fuori di essa
Ognuno di noi considera
Il proprio vissuto
Estremamente falsato.
Su quelle adorate pedane
Si gioca ad assumere
Sempre nuove identità
Amate, odiate non importa
In ogni caso è d'obbligo
Rappresentare al meglio
La loro vitalità.
Ah noi artisti
Esseri sensibili
Poco valorizzati
E troppo incompresi
Destinati a vivere costantemente
Nell’ossessiva speranza
Di un caloroso applauso
Per finalmente gioire
E una volta chiuso il sipario
E spente le luci
Nell’oscurità svanire.
Cris Panebianco
Biografia
Cris Panebianco è un capo animatore turistico e privato messinese follemente innamorato dell arte in tutte le sue sfaccettature, sin da da bambino coltiva l'amore per la danza,teatro cinema e televisione. Laureato al DAMS di Messina e ospite in diversi programmi tv locali e nazionali scopre l'amore per la poesia durante il periodo di lockdown causato dal Covid-19, poiché ritrovandosi chiuso in casa non riuscendo più a lavorare tra la gente decide di donare vita alle proprie riflessioni notturne e compone così le sue emergenti opere poetiche.
Due parole dell’autore...
La mia poesia mette in luce la vita di un artista che si materializza soltanto sulle pedane di un palcoscenico, perché al di fuori di esso si annulla e non esiste una ragione per essere vissuta. In questa poesia si può anche intravedere il giudizio critico che hanno spesso le persone nei confronti degli artisti che hanno scelto questo lavoro, non considerandoli veri e propri lavoratori ma soltanto individui banali che si dilettano a giocare sulla scena.
Un tema meraviglioso e che dà spazio ad un’ampia discussione è quello scelto da Cris Panebianco, che si definisce un artista in ogni sua sfaccettatura e che descrive la sua condizione attraverso questi versi. Quando mi si chiede il senso della lettura e della scrittura, mi viene spesso da riflettere sulla brevità della vita e sui modi in cui l’arte riesce a darle vie di fuga, uscite laterali, scale antincendio; se è vero che non possiamo visitare tutti i paesi del mondo, possiamo immaginarli, dipingerli, raccontarli, leggerli. Questa è la sensazione narrata dalla prima parte di questa poesia: il senso dell’infinità dell’arte, della vita sconfinata, che finisce poi a tradursi nel niente eterno della realtà. Una contrapposizione che vede l’uomo aggrapparsi ad una maschera dolce per il quale non può far nulla, se non innamorarsi; un pensiero che culmina nella provocatoria satira di chi crede che l’artista non esista come lavoratore se non sul suo palcoscenico, ironicamente avvalorando il discorso dei versi precedenti. Ma Cris non si scompone né si lamenta: accetta e racconta, utilizza ancora la sua arte per parlarne, orgogliosamente arreso al destino d’artista.
Irene Mascia
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